9 PLUS MAGAZINE | GIUGNO 2024 Questo disco nasce al contrario rispetto a quanto accade solitamente: dal live allo studio. Ho voluto fare un’esperienza inversa riportando in studio di registrazione ciò che ho raccolto con i miei compagni di viaggio in questi anni di concerti. È stata una sfida che ho lanciato anche a me stesso: provare a perdere il controllo, ad abbandonarmi il più possibile al flusso emotivo proprio come faccio nei live, ma questa volta all’interno di uno studio di registrazione. Ho accettato l’imprevedibile, l’imperfezione, suonando la chitarra mentre cantavo, con dieci musicisti e strumenti che suonavano insieme e vibravano nell’aria e nel corpo. Provare a cogliere un momento unico, irripetibile, il movimento di un corpo vivo fino a sentire il suono e il calore del suo cuore infuocato. Come nasce Diodato musicista? Facciamo un salto nel passato dei tuoi inizi. Scrivevo e cantavo rock melodico in inglese ma la lingua non era il mio forte e questo mi fu evidente quando incontrai una ragazza che, nel complimentarsi per la mia musica, mi chiese in che lingua stessi cantando. Lì capii che dovevo tornare all’italiano. Il mio faro da qual momento in avanti divenne De André: la sua musica mi prese per mano, con tutta la sua immensa produzione. Grazie a lui ho capito che per cantare tutti noi dobbiamo tornare alle nostre origini. Quanto è stato importante l’incontro con la musica? Non molto tempo fa è stato postato un mio video di vent’anni fa in cui suonavo in una scuola. Intorno a me c’erano persone che mi guardavano con apprezzamento, ma io non avevo quel ricordo. Ai tempi della scuola mi sentivo un invisibile, non ero molto notato. Ora con la musica tutto è cambiato. E la cosa che mi ha colpito di più è stato capire che con la musica potevo incontrare gli altri. Quando parlo con le persone delle motivazioni che mi spingono a fare musica viene fuori l’umanità che è alla base di tutto. Negli anni ho capito che le canzoni sono un luogo in cui bisogna essere in tanti. La musica è sempre stata un’indagine per me, un modo di scoprirmi, per capire anche tutto ciò che non andava e come provare a migliorarmi. La musica mi aiuta a provare a vivere una vita migliore. Forte, come dicevi, è anche il tuo legame con la terra d’origine. Penso al brano “La mia terra”. Ci sono indizi, riferimenti alla mia terra inmoltemie canzoni, senza dichiararlo apertamente. Da bambino ho viaggiato tantissimo e per anni mi sono sentito spesso un po’ nomade. A un certo punto ho scelto Taranto come la mia terra, avendo passato lì gli anni della scuola, dalla fine delle medie alle superiori, anni che ti formano. E poi lì stavano succedendo cambiamenti importanti ed io volevo essere parte di quella rivoluzione e dare una mano con quel poco che potevo fare. Così, quando ho saputo del film di Michele Riondino, mi è sembrato naturale propormi per fare la colonna sonora. DIODATO
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