Plus Magazine 15

dicembre 2016 | Plus Magazine | NEWS 27 Non è questa certo la prima fabbrica dove opera- no i robot, ma nella prima rivoluzione della robo- tica industriale, le macchine erano grandi e chiu- se in gabbie di acciaio per evitare che con la loro stazza e i rapidi movimenti delle braccia enormi, potessero danneggiare chi stava loro accanto. Quegli antenati dei moderni vagoncini che oggi corrono qua e là, richiedevano una grande ca- pacità di programmazione e, una volta installati, erano inamovibili, imbullonati al pavimento della fabbrica. Oggi, grazie agli enormi progressi della tecnolo- gia, della miniaturizzazione, della visione com- puterizzata e della capacità di programmazione, una nuova generazione di macchine intelligenti si prepara a collaborare in tutta sicurezza con gli umani. Attraversa loro la strada e loro si fermeranno. Fai un clic sul tuo tablet e loro cambieranno mis- sione. E se il robot deve lavorare in un altro reparto della fabbrica, nessun problema. Comandagli di muo- versi o spostalo e riprogrammalo nei nuovi spazi con poche mosse sul computer. I Cobot, questo il nome dato alle macchine capa- ci di collaborare con gli umani, sono per ora solo una minima frazione dei 240.000 robot venduti lo scorso anno, ma il loro numero è destinato ad aumentare. E con il numero sono destinate ad aumentare le polemiche e le riflessioni sul loro utilizzo, viste anche le catastrofiche previsioni di molti studiosi come Carl Frey e Michael Osborn dell’Università di Oxford, che hanno stimato che il 50% dei posti di lavoro nell’industria manifatturiera potrebbe- ro essere sostituiti dalle macchine intelligenti nei prossimi vent’anni. Ma non tutte le campane suonano allo stesso modo e ci sono almeno due scuole di pensiero ri- spetto all’impatto dei robot. Soprattutto le piccole e medie imprese – che co- stituiscono il gran numero delle imprese manifat- turiere nel mondo – potrebbero invece ottenere un aiuto dall’impiego di queste nuove tecnologie nella competizione con i mercati a basso costo del lavoro, evitando la delocalizzazione e mantenen- do così i posti di lavoro sul territorio di origine. Questa stessa incertezza riguarda l’industria stessa della robotica che nonostante investimenti USA per 587 milioni di dollari nel 2015, ancora stenta a decollare, la stessa Google ha annunciato la vendi- ta di Boston Dynamics, perché il percorso verso la redditività dell’investimento non è poi così chiaro. Martin Ford, autore di “The Rise of the Robots; Technology and the Treath of a Jobless future”, afferma che i robot potranno farsi carico di molti lavori ripetitivi e relativamente semplici ma che ci vorrà ancora tempo perché questa rivoluzione possa toccare anche il lavoro dei cosiddetti colletti bianchi e, soprattutto, sostituirlo. E se pure in futuro questi tempi si ridurranno, la varietà di compor- tamenti richiesta in produzioni di qualità - come ad esempio quella dell’automotive - è ancora troppo ampia e articolata per essere assor- bita e prodotta da una macchina, per quanto intelligente e moderna che sia. È chiaro quindi che se i giganti della produzione industriale, come Airbus, Mercedes-Benz, BMW, sono e saranno sempre più orienta- ti ad impiegare robot più intelligenti e soprattutto più flessibili, per molto tempo ancora la cooperazione uomo-macchina e non certo la sostituzione, sarà la strada vincente per aumentare la produttività sen- za danneggiare la qualità. Quindi tranquilli. Sulla prossima BMW che guiderete, sul prossimo Airbus su cui volerete, il Cobot avrà fatto al massimo quella miriade di fori necessari per assemblarne le parti, forse anche quelli delle cinture di sicurezza nell’esatto punto in cui devono trovarsi, ma per tutto il resto troverete ancora la calda e amorevole mano dell’uomo o della donna che ci ha lavorato. Almeno per qualche anno ancora. NEWS

RkJQdWJsaXNoZXIy MjEzMjU0