Plus Magazine 46

27 PLUS MAGAZINE | SETTEMBRE 2024 Una sensazione comune ai molti meno esperti, è che le banche italiane stiano seguendo quello che era stato l’invito di Mario Draghi ad aggregarsi per diventare più competitive sul mercato internazionale e soprattutto evitare di essere incorporate da banche straniere. Lei crede che le grandi banche del nostro Paese possano realmente competere su un mercato europeo o addirittura statunitense o asiatico? La Banca d’Italia ha individuato per il 2024 sei gruppi bancari italiani come istituzioni a rilevanza sistemica nazionale, in particolare Unicredit, Intesa San Paolo, Banco BPM, BPER Banca, Mediobanca, Iccrea e BNL. Tali istituti, come pure la gran parte degli istituti bancari italiani ed i gruppi esteri che operano in Italia, hanno consuntivato bilanci 2023 in utile ed in crescita. Nell’M&A oggi si rilevano singoli riposizionamenti, anche significativi, di questo o quell’istituto, ma concordo sull’opportunità per soggetti di mercato come i grandi gruppi bancari italiani di crescere anche per linee esterne, soprattutto nell’attuale congiuntura favorevole di mercato, al fine di rafforzare il posizionamento strategico e massimizzare la filiera produttiva. Spero sinceramente di non dover rivivere situazioni di concentrazioni bancarie “forzate”, come ad esempio nella stagione 2016-2018, che coinvolsero la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, poi rilevate da Banca Intesa senza esborso finanziario iniziale. Un esborso di circa 4 miliardi di euro venne però effettuato da soggetti privati nelle due banche attraverso il fondo Atlante, si disse per evitare il c.d. “bail-in”, tuttavia l’investimento in detto fondo non ebbe nessun ritorno per i sottoscrittori. Infine, con riguardo alla competitività, la banca commerciale deve fare bene il suo mestiere nel suo mercato nazionale, come avviene in tutte le parti del mondo, poi quando la quota di mercato nazionale è alta e la banca è redditizia, in tal caso si pensa di acquisire altri business di banca commerciale in altri mercati. In questo caso l’Italia è un caso atipico di mercato aperto nell’Unione Europea, un po’ come il Regno Unito, dove soggetti esteri hanno potuto investire senza alcun problema, a differenza dei mercati più protettivi dei paesi continentali dell’UE. Diverso è il discorso delle attività di CIB e di mercati dei capitali, che sono attività che possono essere centralizzate e svolte contemporaneamente su più mercati internazionali, nell’Unione Europea, nel Regno Unito, negli USA ed in Asia. In questo caso alcune banche italiane svolgono tali attività con profitto, ma non hanno quote significative del mercato globale, come pure ad esempio non le hanno le banche francesi, mentre tale mercato è caratterizzato soprattutto dagli istituti bancari statunitensi. Mi ha sempre fatto piacere promuovere le banche italiane invitandole alle operazioni internazionali dei mercati dei capitali di cui mi sono occupato, e penso che sia stato un sentimento ricambiato. Il sistema produttivo mondiale ha subìto un cambiamento radicale per ragioni a tutti noi conosciute e, non ultima, un’inflazione che non ha consentito una ripresa efficace dell’economia circolare. Il nostro Paese si è difeso, ma lasciando dietro di sé molte piccole e medie imprese fallite ed altre che tuttora soffrono. Le nostre banche sono state spesso accusate di non avere saputo o voluto dare loro il giusto sostegno, al di là degli interventi promossi dallo Stato. È proprio così? Non lo penso neanche un secondo. Il sistema bancario è l’altro soggetto che ha sofferto largamente dei cambiamenti negativi del sistema produttivo, insieme alle imprese fallite e alle imprese che tuttora soffrono, incluse le PMI e le SME. Gli NPL, gli UTP ed in generale il credito deteriorato di cui hanno sofferto ed ancora soffrono le banche dipende dalla fragilità endemica delle imprese italiane (soprattutto quelle che non sono riuscite a crescere per dimensione, tecnologia e internazionalizzazione), dalla inefficacia perdurante dei mercati finanziari al di fuori del credito bancario ai quali le PMI/SME di fatto non possono ricorrere, dal quadro regolatorio e normativo e penso anche dalla difficolLUIGI CALABRIA

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