39 PLUS MAGAZINE | MARZO 2025 SE MUOIONO LE API scienziati del team hanno ideato un nuovo prototipo, con sole quattro ali, lasciando così sufficiente spazio per le implementazioni elettroniche in termini di batterie e sensori. Così anche le connessioni tra le ali ed il torso sono state rafforzate permettendo appunto una maggiore manovrabilità aerea del minirobot. Tutto sommato però, esiste ancora una bella differenza tra il miglior robot possibile e un’ape vera e propria, che con sole due ali, è ancora inarrivabile (per fortuna?) dalla sua miglior copia meccanica. E nonostante i cervelli dei ricercatori si siano arrovellati intorno a questo, essi stessi hanno dovuto ammettere di non essere ancora stati capaci di replicare la sofisticazione che madre natura ha saputo trasmettere a queste minuscole creature. Non c’è stata fibra di carbonio, nanotubo o elettrodo studiato nei sofisticati laboratori del MIT, in grado di eguagliare la natura. Non c’è stato processo o impiego di multilaser in grado di forgiare un qualcosa che eguagliasse la capacità dell’ape di stare al mondo e di svolgere la sua funzione al servizio della natura. Ora si sta cercando di forzare la lunghezza del volo fino a 10.000 secondi e anche oltre, grazie ad un ulteriore perfezionamento del design, migliorando insieme l’atterraggio e la ripartenza dei microrobot dal centro del fiore. Per ora si tratta di esperimenti fatti all’interno dei laboratori dell’università, ma nel giro di qualche anno i ricercatori confidano di poter usare queste apparecchiature sul campo. L’idea di api-robot impollinatrici sembra pura fantascienza ma i progressi ottenuti mostrano come un futuro di collaborazione tra scienza applicata e natura non sia poi così impossibile. Resta la domanda sul perché l’umanità debba oggi trovare soluzioni sempre più avveniristiche a problemi in gran parte causati dall’umanità stessa, ma questo è un altro discorso.
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