Plus Magazine 44

10 MARZO 2024 | PLUS MAGAZINE A proposito di Mercoledì, quando vedremo la seconda stagione? Abbiamo cominciato a scriverla, ma lo sciopero degli sceneggiatori ci impone di gestire una serie di problemi. Spero che si risolva tutto velocemente perché, come ho detto, mi sento legato alla protagonista della serie. A quando, invece, un altro lungometraggio? Ho ancora molte idee e, soprattutto, ho ancora tanta voglia di fare cinema. Gli spettatori ne sono innamorati e fortunatamente lo streaming non l’ha ancora sostituito del tutto. Quale futuro immagina per la settima arte? Non nascondo di essere un po’ preoccupato, ma finché le persone continueranno ad amare l’idea di andare in sala, io sono tranquillo. Dal protagonista di “Edward mani di forbice” a Oompa Loompa de “La fabbrica di cioccolato”, i protagonisti dei suoi lungometraggi sono il simbolo della diversità. Secondo lei essere “altro” è un pregio? Secondo me sì perché è proprio nell’eccezione che risiedono il senso della creatività e della vita. Spesso nei suoi lavori aleggia un senso di paura. Di cosa ha terrore Tim Burton? Da sempre mi spaventano le cose normali. Ad esempio, da ragazzino avevo paura di alzarmi per andare a scuola. Lei è un regista conosciuto in tutto il mondo: che rapporto ha con la fama? Essere famoso, o raggiungere il successo con un film, mi permette di avere i mezzi per proiettarmi su un altro lavoro. Preferisco tenere un basso profilo e concentrarmi sui miei progetti. Per questo non amo particolarmente i social media: ci si deve mostrare troppo e io non amo stare sotto i riflettori. Quando ha capito che la regia sarebbe stata la sua vita? Da giovane mi divertivo a creare cortometraggi in Super 8, ma non avrei mai pensato di darmi alla regia. Ero più concentrato a vivere giorno dopo giorno. Non ho avuto un percorso lineare, per cui, quando ho iniziato in questo settore, mi sono sentito davvero molto fortunato. Preferisce la pellicola o il digitale? Mi piace molto la pellicola e le sensazioni che regala. Forse però il digitale restituisce più energia senza rinunciare alle emozioni della pellicola. Che cosa significa per lei girare un film? Vuol dire far parte di una sorta di grande famiglia dove tutti gli artisti collaborano per un solo obiettivo. È una sensazione molto bella. È un po’ quello che Federico Fellini è stato capace di esprimere così bene nei suoi lavori. Lui ha saputo catturare lo spirito di che cosa significhi fare un film e per questo io l’ho ammirato e lo ammiro ancora oggi. Ci sono altri registi italiani che le piacciono? Mario Bava è stato il primo con cui mi sono identificato e ho sempre adorato i suoi horror. Tra i tanti suoi personaggi ce n’è uno al quale è particolarmente legato? Mi piace Mercoledì perché è molto simile a me. Anche io sono stato un adolescente problematico. Ero un outsider e un emarginato e, francamente, questa sensazione non mi abbandona neanche oggi. In generale comunque mi diverto ad identificarmi con i miei personaggi. Cerco sempre qualcosa di personale nelle storie che voglio raccontare in modo da regalare emozioni alle persone e stabilire con loro un rapporto. PROTAGONISTI

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