Plus Magazine 44

41 PLUS MAGAZINE | MARZO 2024 Quindi le interpretazioni del fondamentalismo sono distorte dal corretto insegnamento? Sì. Per i salafiti, ad esempio, la donna, oltre ad essere tenuta ai margini della vita sociale e lontana dalla moschea, è divenuta anche lo strumento principe di rivendicazione identitaria e culturale con l’imposizione del hijab. Si vuole far credere che le limitazioni della donna siano il certificato del vero carattere islamico e aderente alla shari’a di uno stato islamico. Ma si tratta solo di un’utopia retroattiva dell’Islam salafita o, sempre per scelte politiche, di stati islamici, come ad esempio l’Iran, l’Arabia Saudita o l’Afghanistan. Vedere donne uccise in nome di Dio riempie di sgomento e di tristezza, oltre che di rabbia. Certamente, e il pensiero corre a Mahsa Amini, uccisa dopo l’arresto da parte della polizia morale in Iran, e di tutte le altre che hanno subito vessazioni dettate solo dall’ignoranza degli uomini ed aggravate da Imam o predicatori impreparati o con una formazione “fai da te”, che distorcono il testo sacro, in buona o cattiva fede. Ma ci sono state donne, nella storia dell’Islām, che hanno lasciato un segno? Anche qui devo dirti di sì. Ci sono molte figure femminili di grande importanza. Vale la pena ricordarne alcune, per contrastare una visione islamista bigotta e sessista. Ad esempio, il Profeta Mohammed, quando era assente, aveva scelto una donna, Umm Waraka, come Imam per la sua intera famiglia, che comprendeva donne e uomini, e per una parte della comunità. Egli riteneva che la preparazione spirituale di Umm Waraka fosse profonda ed esaustiva, tanto che il Profeta Mohammed stesso predispose anche che un muezzin chiamasse i fedeli alla preghiera da lei condotta. Poi voglio ricordare Khadija, moglie del Profeta Mohammed, prima testimone e forte sostegno della suamissione profetica, che era anche un’imprenditrice di successo. E ancora Fāṭima bint Mohammed, figlia del Profeta Mohammed e di Khadija, che fu la moglie del quarto califfo ‘Alī Ibn Abī Tālib, cugino del Profeta, e che si distinse per le sue elevate virtù spirituali, per la fede ed anche per i miracoli che compiva; ed è indimenticabile Fatima al-Fihriyya, che fondò nell’859, l’antica Università del Marocco, al-Qarawiyyin Mosche University. Mi piace, inoltre, ricordare anche una figura anonima, al-Khazindarah, letteralmente la tesoriera, la donna che fondò e fece costruire una tra le più importanti università islamiche, l’Università al-Azhar al Cairo. Perché di queste donne si parla poco? Perché hanno dovuto fare i conti con la misoginia tribale, che si trascina ancora fino ad oggi, anche se ciò che più ci colpisce è l’indifferenza o la volontà di dimenticare, la vita, i detti e i fatti di queste donne. Cosa si può fare? Direi: cosa si deve fare. A mio avviso si deve insistere sul valore della conoscenza, che sia lo studio e l’interpretazione del Corano, della tradizione profetica, o della dottrina e degli insegnamenti dei maestri. Ma soprattutto, si deve essere capaci di vivificare la religione, in armonia con il proprio tempo e spazio. Per l’Islām, uomini e donne, hanno un’origine ontologica comune, e Dio si è compiaciuto di mostrarsi, tra i suoi segni, nella loro unità e amore. La violenza di genere rappresenta, un “fare torto a se stessi” dato che uomini e donne, “provengono gli uni dagli altri”. Un’ultima parola per i nostri lettori? La conoscenza della propria religione può servire ad evitare fraintendimenti e pregiudizi anche sulle confessioni degli altri. Esiste una responsabilità islamica “interna”, attribuibile a fedeli, Imam e guide religiose, ma esiste anche la responsabilità di ogni religione di saper mettersi in relazione con tutte le altre. IL RUOLO DELLA DONNA NELL'ISLAM PLUS MAGAZINE |

RkJQdWJsaXNoZXIy MjEzMjU0