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L’abbiamo incontrata in questo periodo “relati- vamente calmo” del post Olimpiade per conosce- re meglio l’atleta, la campionessa e la donna. Tu e la spada: un amore a prima vista? Un vero e proprio colpo di fulmine! Ho fatto due anni di danza classica: ero la primogenita e mamma mi voleva ballerina. Mi divertivo, ma mi sentivo limitata perché non c’era la sfida e per me è davvero importante mettermi alla prova. Così ho detto ai miei genitori che mi piaceva la spada e loro mi hanno subito assecondata. Ho conosciu- to il maestro Triccoli, che è stato un vero mae- stro di vita. Imparò la scherma da un sottufficiale inglese nel campo di concentramento di Zon- derwater, dove era prigioniero. Dopo la liberazio- ne, nel 1947, tornò a casa e fondò il Club Scherma Jesi dove si sono formate, tra le altre, Giovanna Trillini e Valentina Vezzali. Oltre a lui, alcuni miei grandi maestri sono stati Giulio Tomassini e Ste- fano Cerioni. Devo molto a tutti loro. Questo sport, però, è un amore di famiglia… In effetti è una passione anche per mia sorella Martina e per mio fratello Michele. Non solo: ab- biamo contagiato anche la mamma, che ha fatto dei corsi serali per adulti. Il piacere di mettersi la dicembre 2016 | Plus Magazine | COPERTINA 05 maschera e ascoltarsi è davvero contagioso e noi ne siamo l’esempio più eclatante. Sul tuo sito ufficiale riporti una citazione di Pablo Neruda: “Muore len- tamente chi evita la passione, chi non rischia la propria sicurezza per l’in- sicurezza di un sogno”. La domanda è d’obbligo: cos’è per te la passione? È il motore che guida ogni mio gesto e ogni mia singola scelta. Senza la pas- sione non riesco ad impegnarmi, mi sembra di non vivere davvero. La tua sicurezza invece? Io sono la sicurezza di me stessa e questa certezza la sento più nelle vittorie in pedana che nella vita quotidiana. Da giovane ero davvero una ribelle, poi ho fatto il famoso salto che solo io, come individuo, potevo fare. Sono cresciuta e maturata, ma nessun esempio o insegnamento è utile se non c’è la volontà reale di capire e di fare. Ricordi ancora l’emozione della tua prima medaglia? Era il 1995 quando fui proclamata campionessa italiana della categoria ra- gazze. Ero a Rimini e ricordo ogni istante come fosse oggi: mamma pian- geva e il maestro Triccoli era soddisfatto, ma non faceva trasparire nulla. Io invece pensai che non avrei mai più ripetuto un’esperienza simile. Ero stravolta dalla stanchezza! Rispetto ad allora, la gioia quando vinci è la stessa oppure è cambiata? Non ci si abitua mai alle vittorie. Più che una vera gioia, ogni volta provo un senso di benessere e di serenità. Un’armonia che mi fa capire che quel momento è perfetto. Ho la conferma che la strada intrapresa è quella giusta per me. COPERTINA

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