Plus Magazine 39

9 PLUS MAGAZINE | DICEMBRE2022 firma regia e sceneggiatura. L’anno dopo, dal romanzo omonimo, sceneggia e dirige “ Amori che non sanno stare al mondo”, un film sulla fragilità dell’amore. In tanti l’hanno riscoperta per la regia in “ Gomorra” e altri per il suo impegno nella lotta per i diritti delle donne, attraverso il movimento “Se non ora quando?”. All’ultimo Festival del Cinema di Roma presenta “Django-La serie”, una coproduzione Italia Francia e Sky Original per la quale firma la direzione artistica e la regia dei primi quattro episodi. Un omaggio al filmdi Corbucci con Matthias Schoenaerts protagonista e con Noomi Rapace, antagonista di Django. L’attrice svedese a Roma riceve il Premio Progressive dedicato alle figure che, pur avendo iniziato da poco la carriera, hanno già lasciato il segno. Nella saga familiare di “Django” si manifesta un’evidente crisi dei codici della virilità. Il western era adorato da noi ragazzi degli anni Settanta, Quei film, che incitavano alla ribellione contro il potere, hanno avuto un ruolo importante nella mia formazione di giovane ribelle. Una tradizione leggendaria che abbiamo rispettato e omaggiato. Ed era anche il genere che più di tutti aveva codificato la virilità maschile. Per me è stato interessante raccontarne la crisi attraverso il geneFRANCESCA COMENCINI re che più di tutti l’ha esaltata. Django è un antieroe, diverso nel suo avere crisi intime legate alla sfera affettiva. Per oltre vent’anni la sua vita si è svolta a Parigi. A soli 19 anni lascia l’Italia. Come mai? Per rispondere devo raccontare di mio padre che a sei anni con la famiglia dovette emigrare per motivi economici in Francia. La sua è stata un’infanzia difficile. Era un bambino solitario, lo racconta in un suo libro di memorie. Da ragazzino molto timido quale era, il giorno che finalmente ottenne un appuntamento con una ragazza, nell’aspettarla, forse spinto dalla paura, decise di nascondersi in una sala cinematografica. Non sapeva cosa fosse il cinema. A soli 13 anni pensò che il cinema sarebbe stato la sua vita. Era grato alla Francia che gli aveva fatto scoprire il suo grande amore. Quando decisi di andare in Francia, mi trovavo in condizioni completamente diverse dalle sue, però non ero felice e non riuscivo più a stare in Italia. Papà mi accompagnò. Per me è stato un periodo di formazione. I miei tre figli sono nati lì. Questa scelta di vivere in Francia mi ha connessa in maniera profonda con mio padre. Sentirsi italiani con un piede sempre un po’ fuori, anche questo rientra nel mio essere una outsider. Cosa si porta dietro di suo padre e cosa invece ha preferito abbandonare? Ho cercato di costruire una mia strada un po’ in opposizione alla mia famiglia, a partire dal mio primo film “Pianoforte” : mio padre lo criticò molto perché in parte era autobiografico e lui detestava l’autobiografia. Ho vissuto con disagio l’essere percepita una figlia d’arte, cercavo di meritarmi ogni cosa, in maniera anche sofferta. Profondamente, spero che la parte più riuscita di un mio film si possa avvicinare alla parte meno riuscita di un film di mio padre. Ho cercato di declinare i suoi insegnamenti a modo mio. Mio padre ha raccontato la storia di questo paese. Nella sua inchiesta sull’amore in Italia ha dato voce al femminismo, all’amore non solo come passionema come fenomeno politico e sociale. In questo mi riconosco. “In fabbrica”, “Un giorno speciale” e “Mi piace

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