Plus Magazine 41

18 GIUGNO 2023 | PLUS MAGAZINE Mi sono occupata dell’impiattamento e ho letto i testi sacri della cucina per andare a fondo, conoscere il prodotto, le sue proprietà organolettiche, l’abbinamento con le spezie e i loro profumi per utilizzarli al meglio e valorizzarli. Ho approfondito la cucina regionale, ma non perché volessi le Stelle Michelin o le Forchette, bensì per non proporre sempre le stesse ricette ai clienti. Cosa non manca mai nella sua cucina? La ricerca, fondamentale per interpretare le vecchie ricette o quelle regionali e portarle ad una versione più moderna togliendo, ad esempio, l’eccesso di burro o di grassi o le farine usate per legare. Poi l’entusiasmo e la passione perché questo è un lavoro di grande fatica. Come mamma mi sono occupata non solo del ristorante, ma anche della famiglia e della casa, ma noi donne abbiamo un grande spirito di sacrificio e riusciamo a fare tutto. Quale valore ha il tempo nella ristorazione di qualità? Rispettare il cibo è basilare e non solo nella cucina di un ristorante, ma anche in quella di tutti i giorni. Per me la conoscenza della cottura dei cibi è importantissima perché non bisogna mai stravolgere la materia prima. Io, ad esempio, sono passata dalla pentola al sottovuoto per mantenere intatti i profumi e i succhi di carni come lo stinco o il maialino. Il territorio è un ingrediente importante? Lo è esattamente come lo è seguire la stagionalità dei prodotti e scegliere solo quelli regionali e nazionali. I miei fornitori sono contadini della zona che lavorano nella trasparenza. Mio fratello ha un orto e anche io ne ho uno in montagna; inoltre abbiamo delle piante da frutta. Mi piace coltivare la terra e mi entusiasmo a raccogliere quello che semino: dall’insalata non troppo germogliata ai fagioli, che snocciolo personalmente, alle carote che voglio piccole per gustarne il sapore. Lavorare in famiglia è un plus? Sì, anche perché negli ultimi anni non troviamo personale. Molti vogliono il sabato e la domenica liberi. Questo non è un lavoro, ma una missione. Servono passione ed entusiasmo, oltre che altruismo perché regaliamo gioia a chi è a tavola. Ame gratifica sapere che le persone hanno mangiato bene e che sono felici dell’esperienza vissuta “Al Sorriso”. Sua figlia si occupa della cantina. Quali etichette sono predominanti nella vostra carta? Abbiamo circa 1.500 etichette tra quelle italiane, soprattutto piemontesi, e quelle francesi e altre internazionali più ricercate come le californiane e le australiane. Alcuni vini devono rimanere in cantina anche 5 anni prima di essere serviti per cui il nostro è un investimento anche in termini economici. “Al Sorriso” è anche hotel. Una scelta particolare. Abbiamo 8 camere delle quali 6 doppie e 2 singole. Erano già così quando abbiamo acquistato l’immobile. Prevalentemente diamo le stanze a chi cena perché il 70% del mio lavoro è dato dagli stranieri o da chi viene da lontano per cui i clienti fanno degustazioni importanti e poi si fermano a dormire. Cos’è per lei mangiare? Un’esplosione dei sensi. Si mangia prima guardando, poi sentendo il profumo e infine gustando. Ci regala una ricetta estiva? Cappesante con salsa al crescione d’acqua, tipico di questi boschi dove le sorgenti sono pulite, condita con un’emulsione di olio extra vergine d’oliva e menta con accanto una terra fatta di pane di segale con granuli di polline che profumano di miele. Natura allo stato puro. PROTAGONISTI

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